Il design italiano del 2° dopoguerra.

E’ al termine della Seconda Guerra mondiale, quando la consapevolezza di doversi risollevare per

poter cancellare tutto ciò che il conflitto ha portato di negativo, che il design italiano inizia a

svilupparsi ed affermarsi. Questa rinascita avviene in Italia in primo luogo nel campo dei trasporti:

non si può certo puntare ad auto di lusso, ci si indirizza quindi a mezzi di trasporto che possano

essere alla portata di tutti e possano essere il più possibile comodi.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale si iniziano a commercializzare maggiormente le biciclette e,

successivamente la Garelli propone sul mercato delle biciclette motorizzate. Ma la vera svolta nel

campo dei mezzi di trasporto accessibili a tutti si ha grazie alla Piaggio.

 Ecco, infatti, che nel 1945 la Piaggio presenta la Vespa, un progetto di Corradino D’Ascanio il

quale ha portato sullo scooter alcuni dei suoi studi fatti in campo aeronautico: la Vespa è uno

scooter a scocca portante, il carter non è quindi un semplice strumento per nascondere le parti

meccaniche ma ne costituisce anche la struttura portante. La Vespa avrà un grande successo

divenendo uno degli oggetti del design italiano più conosciuti al mondo.

Brevetto Vespa MP6

Corradino D’Ascanio

Produzione: Piaggio

1945

Vespa MP6

Corradino D’Ascanio

Produzione: Piaggio

1945

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La Vespa di Salvador

Dalì

Esposta al museo di

Pontedera

Sulla base dell’esperienza maturata dai francesi, a Pontedera si

ipotizzano diversi armamenti possibili: cannone da 75 mm senza

rinculo, bazooka, mitragliatrici e fucili mitragliatori, mortai da

60 e da 81 mm. Tutti correlati dal munizionamento necessario. a confronto con la jeep diventata

quasi il simbolo dell’ultimo conflitto, lo scooter offre un impareggiabile rapporto tra prezzo di

vendita e impiego di massa, riuscendo a primeggiare sia sentieri, foreste, sottoboschi. Anche a

paragone con la motocicletta il confronto sul terreno lo darebbe per vincente.

In concorrenza con il prodotto della Piaggio la Innocenti due anni dopo, 1947, presenta il suo

scooter: la Lambretta. Anche i progettisti della Lambretta sono ingegneri aeronautici, Torre e

Pallavicino, che vi applicano il concetto del telaio a tubolare portante, a sorreggere il peso non è

quindi, come nel caso della Vespa, una scocca ma un traliccio.

Lambretta

  1. Pallavicino – P. Torre

Produzione: Innocenti

1947

Un altro interessante prodotto progettato da C. D’Ascanio, ma per una scelta di mercato, non

commercializzata in Italia è stata la Vespa 400, un mezzo a 4 ruote.

Vespa 400

Produzione: Piaggio

1953

Bella, simpatica, elegante, in

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Oltre alla Vespa e alla Lambretta, diventano icone del trasporto italiano due automobili, di

piccole dimensioni ma indubbiamente interessanti ed apprezzate che riescono a sancire il passaggio

dalle due alle quattro ruote e fanno sì che anche l’auto possa essere posseduta dalla maggior parte

della o popolazione e non solo dalle persone più agiate. Si tratta di due auto progettate da Dante

Giacosa: la Fiat 600 prima e la Fiat Nuova 500 dopo, che ancora vediamo circolare per le nostre

strade.

Fiat 600 Fiat Nuova 500

Dante Giacosa Dante Giacosa

1945 Produzione: Fiat

 1957

Un’interessante esperimento che volle tentare di risolvere il problema della mobilità ma che non

ebbe grande successo (rimase in produzione solo dal 1953 al 1955) fu l’Isetta di Ermenegildo Preti:

un’automobile due posti e di ridotte dimensioni, alla quale si accedeva attraverso un unico

portellone anteriore…date le dimensioni la si può attualmente ritenere una sorta di antenata della

Smart.

Isetta

  1. Preti

Produzione:Iso

1953-55

Un altro motociclo da ricordare è il Galletto prodotto dalla Moto Guzzi, caratterizzato dalla

particolare carrozzeria e dalla posizione della ruota di scorta posta dietro la ruota anteriore.

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Dante Giacosa si dedicherà anche al progetto di una berlinetta, che però verrà ripreso e portato a

termine da Pininfarina: la Berlinetta Cisitalia che otterrà un grande successo a livello internazionale

sarà esposta permanentemente al Moma di New York come “scultura semovente”. Era, però, ancora

un’automobile realizzata con rifiniture fatte a mano, un’auto venduta su ordinazione.

Cisitalia

Pininfarina

 1947

Uno dei primi prodotti dell’immediato secondo dopoguerra non legato al settore dei mezzi di

trasporto è stata la macchina da scrivere Lexicon 80 (1948-49) di Marcello Nizzoli per Olivetti

realizzata con un carter in alluminio presso fuso, con forme nei dettagli che richiamano la stream

line statunitense.

Lexicon 80

Marcello Nizzoli

Produzione: Olivetti

1948

Adriano Olivetti sceglie di chiamare artisti ed architetti,

rappresententanti di una cultura diversa a quella di fabbrica

per collaborare con l’Ufficio progetti e studi da lui creato nel

1929

 

Nel campo del mobile sono da ricordare le aziende Azucena e Rima. Della prima ricordiamo la

sedia Catilina di Caccia Dominioni che riprende il concetto del voler riprendere qualcosa

appartenuto al passato riadattandolo.

Lo sviluppo del design italiano avviene anche, e soprattutto, attraverso

questo settore del mobile.

Nel 1946 è da ricordare la prima lavatrice della Candy.

 

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La rinascita avvenuta negli anni successivi alla guerra porteranno anche la nazione italiana al

“boom economico”, a quel periodo che ha determinato arricchimento e benessere sociali diffusi. Il

design italiano seppe bene inserirsi in questo quadro sociale ed approfittarne specie nell’ambito

della produzione di oggetti in plastica.

Ci sono molte generazioni di designer che si sono occupate di mobili a partire dagli anni 50. Molti

non si rifanno ad una corrente particolare ma lavorano individualmente, altri invece fanno capo a

delle tendenze. Marco Zanuso, che lavorerà a lungo affiancato dal tedesco Richard Supper, si rifà al

razionalismo. Marco Zanuso realizza la poltrona Lady importando in una seduta la tecnologia

impiegata per realizzare l’imbottitura delle sedute automobilistiche.

 

Lady

Marco Zanuso

Produzione: Arflex

1951

Deve molto all’impiego della gommapiuma

e del nastrocord

Tra i progetti da ricordare annoveriamo la sedia “Superleggera” di Gio Ponti realizzata in faggio e

paglia, materiali giustificano quindi il peso ridotto, ed ispirata alla sedia di Chiavari.

 

 

 Superleggera

 Gio Ponti

 Produzione: Cassina

1956

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Questo è il quadro del design italiano fino agli anni ’60, periodo in cui dominano le figure di

Castiglioni, Mari, Sapper, Zanuso ed in cui ha inizio il lavoro di Giorgetto Giuggiaro. Va anche

ricordato che in questi anni, seppure non siano propriamente designer ma ingegneri, lavorano molto

attivamente D’Ascanio, Giacosa, Pallavicino, Pininfarina, Torre.

Gli anni ‘60

Negli anni ’60 inizia a profilarsi anche una nuova generazione di designer: De Pas, D’Urbino, Lo

Mazzi si affiancano alla generazione di Zanuso, Aulenti, Bellini, Giuggiaro.

Ci si inizia a dedicare alla progettazione degli impianti stereo, uno dei primi è il RR126HF

progettato dai fratelli Castiglioni per la Brionvega; di questa stessa azienda è la radiolina TS502

progettata da Richard Sapper e Marco Zanuso, due designer che hanno sempre impostato i loro

progetti sulla linea razionalista. Sempre di Sapper e Zanuso è il telefono Grillo che, nonostante

abbia ancora dimensioni considerevoli, prelude al concetto di telefono elettronico, pieghevole e

compatto. Nel 1954 Zanuso e Supper propongono alla Brionvega il televisore Algool particolare

perché lo schermo è rivolto verso l’alto per cui può essere posto tranquillamente sul pavimento

senza necessitare un mobile che lo contenga, che verrà poi rivisto e perfezionato e messo in

produzione nel 1962 con il nome di Algool II..

Telefono “Grillo”

Marco Zanuso e Richard Sapper

1965

Produzione:Auso Siemens,

Selezionato per il Compasso d’oro

nel 1967.

Algol II

Marco Zanuso- Richard Sapper

Produzione: Brionvega

1962

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RR 126 HF

  1. e P. Castiglioni

Produzione: Brionvega

1964

 

Radio TS 502

Marco Zanuso – Richard Sapper

1965

Produzione: Brionvega

Sotsass nei primi anni ancora ispirato dai canoni della forma-funzione, inizia a lavorare con la

Olivetti producendo macchine da scrivere differenti da quelle ispirate alla stream line di Nizzoli

(ricordiamo la Lexicon 80 del 1947), più squadrate e dalle forme più definite. Tra queste ricordiamo

la Valentie 1969 prima macchina da scrivere trasportabile.

Da ricordare l’Auto Nova di Pio Manzù che ha lavorato per un certo periodo nello studio

Castiglioni . Da ricordare, frutto di questo connubio Manzù-Castiglioni è la Lampada Parentesi.

Pio Manzù

City taxi

1968

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Parentesi

  1. Castiglioni – Pio Manzù

Produzione: Flos

1970

Agli inizi degli anni 60 nasce il movimento del Neo Liberty. Si tratta di una prima reazione in

Italia al Razionalismo che era ormai diventato uno stile internazionale affermato in ogni campo

progettuale e produttivo ma che iniziava anche ad apparire “stanco”.

Appartenenti a questa corrente sono due oggetti in particolare: la poltrona S. Luca di Achille e

Piergiacomo Castiglioni (composta da 6 blocchi prodotti separatamente e successivamente montati

ed assemblati insieme) e la sedia a dondolo Sgarsul di Gae Aulenti.

San Luca

  1. e P. Castiglioni

Produzione: Gavina

1961

Con la fine della Seconda Guerra Mondiale non si prova a studiare quanto accaduto tra le due

guerre ma si tende a dimenticare e a cancellare i movimenti artistici forse perché in parte accusati di

essere stati compromessi con il regime; per reazione a quanto accaduto nel passato, per tornare a

rivedere cosa ci fosse stato di positivo in quel periodo storico nasce il Neo Liberty; una prima

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proposta che cerca di scardinare l’insistente affermazione del razionalismo. Inizialmente trova il suo

elaboratore teorico nella personalità di Vittorio Gregotti.

Una fase interessante di studio e presentazione di quanto sta accadendo in Italia in questi anni è

ben rappresentata tramite le Eurodomus. Queste furono delle rassegne con il fine di promuovere la

produzione del mobile in Italia e furono organizzate dalla rivista Domus. La prima venne

organizzata a Genova nel 1966; punto principale fu la proposta di una casa sperimentale. La

seconda si svolse nel 1968 a Torino e vi venne proposto, da De Paz D’Urbino e Lo Mazzi, un

padiglione totalmente gonfiabile realizzato in pvc. Furono realizzate altre due Eurodomus: una nel

1970 a Milano e l’ultima nuovamente a Torino nel 1971 anche queste con interessanti proposte.

Gli anni Sessanta e Settanta sono anche gli anni durante i quali nascono movimenti di design

ispirati alle contestazioni e ai movimenti delle avanguardie artistiche contemporanee di quegli anni.

La Pop Art di Andy Warhol ed il New Dada in particolare sono movimenti artistici che vogliono

estraniare dall’ originario contesto oggetti tipici della società dei consumi dando loro una nuova vita

estetica; così nel design si iniziano a riproporre oggetti, parti di oggetti o materiali in ambiti

differenti da quelli in cui vengono impiegati abitualmente. In Italia alcuni designer fanno propri i

caratteri generali di questa contestazione realizzando oggetti molto originali per distaccarsi dal

fondamento del razionalismo, ossia contestando la forma-funzione.

 Ricordiamo, per quanto riguarda l’influenza della PopArt: la poltrona gonfiabile Blow di De Pas,

D’Urbino, Lo Mazzi; la poltrona Joe di De Pas, D’Urbino, Lomazzi, una poltrona fatta in cuoio

dalle sembianze di un guantone da baseball; la poltrona Sacco di Gatti, Paolini, Teodoro che non ha

una forma propria ma, essendo costituita da pallini di polistirolo, si adatta perfettamente alla

posizione che ogni fruitore vuole assumere; Pratone di Archizoom che aumenta a dismisura le

dimensioni dell’erba di un prato su cui ci si può sdraiare e che, così come succede all’erba vera, si

adatta alla posizione assunta da chi vi si siede o sdraia;

Polrtona Blow

Scolari-D’Urbino- Lomazzi

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Poltrona Joe

De Pas – D’Urbino – Lomazzi

1970

Celebrazione di Joe di Maggio, grande

giocatore statunitense di baseball di

quegli anni.

Poltrona Sacco

Gatti – Paolini – Teodoro

1970

Piena di milioni di palline di polistirolo espanso.

Rispondeva all’esigenza di atteggiamenti più liberi potendo

assumere più forme diverse.

Bocca

Studio 65

Produzione: Edra

1970

Achille e Piergiacomo Castiglioni lavorano ispirati dal Dadaismo. Prendendo degli oggetti già

esistenti, come faceva Duschamp nelle sue opere, li assemblano tra loro così da ottenere nuovi

oggetti. A questo periodo appartengono due particolari sedute: Mezzadro e Sella che non hanno

richiesto una produzione seriale dei componenti poiché sono realizzati con oggetti che l’industria

già produceva (la seduta di un trattore, una sospensione di un mezzo di trasporto già esistente sul

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mercato e un pezzo di legno preso sempre nel mondo dei macchinari agricoli in un caso e la sella di

una bicicletta da corsa nell’altro, sono i componenti base di questi due prodotti).

Mezzadro

  1. e P. Castiglioni

Produzione: Zanotta

1967

Gamba di acciaio cromato e

curvato con base in faggio

 naturale che regge il sedile di

 una macchina agricola.

Sella

  1. e P. Castiglioni

1967

Asta in acciaio verniciato con

basamento in fusione di ghisa

 che regge una sella di bicicletta

 da corsa.

Anche la lampada Toyo nasce da questo tipo di metodologia: viene impiegata una canna da pesca,

per il basamento un trasformatore e il faro no è altro che quello di un’automobile.

Tre pezzi già esistenti assemblati fanno l’oggetto d’uso, un oggetto d’uso anche di grande

successo.

Il radical design si rifà, invece, a quanto sostenuto dal movimento dell’arte povera: utilizzare i

materiali essenziali ( in particolare legno recuperato), non lavorati per riuscire a creare una nuova

grammatica del design, sperimentando come poter ottenere oggetti d’uso. Ricordiamo Andra Pranzi

e Riccardo Dalisi

La vasta produzione del design italiano calata in maniera molto forte nel contesto sociale

contemporaneo di quegli anni vede il raggiungimento del suo apice nel 1972. Questo è l’anno in cui

venne allestita al Moma di New York la mostra, voluta ed organizzata dall’argentino Emilio

Ambaz, intitolata: “Italy: the new domestic landscape”. Vi vengono esposti tutti gli oggetti prodotti

dal design italiano fino a quell’anno e altri pensati per l’occasione come il Car-a-sustra di Bellini.

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Car-a-sutra

1972

Bellini

1972

La mostra presenta tutte le diverse e a volte contraddittorie, ma pur sempre coesistenti, realtà del

design italiano facendo sì che venisse conosciuto all’estero e ne sancisce l’affermazione definitiva a

livello mondiale. Fino a quel momento, infatti, il design italiano era stato considerato di secondo

piano a favore di quello tedesco o scandinavo; la mostra al Moma invece sancisce l’importanza del

“made in Italy” a livello internazionale.

Il design italiano, soprattutto attraverso Supertudio e Archizoom evidenziano l’apertura verso

nuovi linguaggi declinando spesso linguaggi di altri campi agli oggetti d’uso.

 

 

Lampada da tavolo Passiflora

Superstudio

Produzione: Poltronova

1966

Perspex piegato a caldo

Plia

Giancarlo Piretti

Produzione: Castelli

1967

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Tizio

Richard Sapper

Produzione: Artemide

Lampada da tavolo con aste conduttrici

Il postmoderno

Per quanto riguarda il design italiano è da ricordare la tendenza del design postmoderno

nell’ambito del quale lavorano Alchimia e Memphis.

Il post moderno è un movimento culturale complesso che parla del cambiamento delle società per

via della fine della modernità e dell’inizio della postmodernità. Rappresentanti ne saranno, in

particolare, E. Sotssass (quando rivedrà il suo metodo di progettazione abbandonando il

razionalismo) e A. Mendini.

Successivamente alla mostra del Moma nel 1972 si nota un passaggio del design italiano dalla

tendenza Pop al postmoderno. Iniziano, a partire dagli anni ’70, ad entrare in crisi le ideologie e le

idee forti che sino a quel momento preludevano ad una fiducia illimitata nella Modernità, nasce la

filosofia Postmoderna ( Jean-François Lyotard scrive La condizione postmoderna). Il “pensiero

debole”, (Vattimo, Cacciari, Severino) – versione italiana della filosofia della postmodernità –

influenza il design di Mendini, Sottsass e Branzi. Vengono proposti oggetti in netto contrasto con il

principio della forma-funzione: la libreria Cartlon di E. Sottsass, il tavolo Tangram di Morozzi.

L’idea è quella di abbandonare l’intrenational stile (il razionalismo) per dare possibilità

alternative che trovino una vera e propria applicazione; non ci si vuole fermare a sole proposte di

ricerca ma arrivare anche alla produzione di oggetti ad alto contenuto tecnologico.

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Cartlon Tangram

  1. Sottsass M. Morozzi

 Produzione: Cassina

 1983

Nello stesso tempo è sollecitata una nuova unione tra ornamento e progetto, la poltrona Proust di

Mendini è un esempio di questi tentativi (bisogna ricordare che il Razionalismo aveva provocato

una espulsione dell’ornamento dell’architettura e dal progetto in generale).

 

Poltrona Proust

  1. Mendini

Negli anni ’80 una mostra itinerante – Memphis – che raccogli numerosi pezzi di design italiano

postmoderno è esposta nei maggiori musei d’arte contemporanea del mondo ed ottiene un grande

interesse di pubblico. È la definitiva messa in crisi del codice funzionalista.

Munari, Mari, Castiglioni non sono sfiorati dalla tendenza postmoderna e continuano nell’ambito

del filone definito della “funzione della ricerca estetica” creando oggetti di design con essenzialità

nella forma e nell’uso dei materiali. A questo proposito ricordiamo per esempio Abitacolo di Bruno

Munari, un letto a più funzioni realizzato in scarni profilati metallici elettrosaldati.

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Abitacolo

Bruno Munari

Produzione: Robots

 1971

Scrittoio e relativa libreria costituiti da un telaio in acciaio

elettrosaldato con accessori in materiali vari.

Sof Sof

Enzo Mari

Produzione: Driade

1973

Sedia composta da cinque anelli in tondino di

ferro dello spessore di 6mm saldati

elettricamente, su cui vengono inseriti il sedile

( con due tasche di tessuto) e lo schienale

leggermente elastico.

In questo quadro va anche ricordato l’apporto dato al design italiano dalla Scuola di Ulm; in

seguito alla sua chiusura nel 1968, infatti, molti suoi teorici si trasferiscono in Italia portandovi le

idee della scuola: teorici come Tomás Maldonado e Martin Krampen, progettisti come Andries Van

Onck, Hans von Klier ed Herbert Ohl.

Un altro apporto, utile ed interessante, il design italiano lo ha avuto dalla cultura giapponese

attraverso l’esperienza tipicamente orientale del fare leggero e piccolo. Progettisti come Makio

Suike e Isao Hosoe realizzano nuove forme di arredamento compatto e oggetti da indossare.